La 3^M in visita all'atelier di Giuseppe Lucietti, un cerchio che si chiude

I ragazzi della classe 3^M del Made in Italy, dopo aver di fatto scoperto e riportato alla luce un'opera dell'artista di Nove, hanno chiuso il cerchio di questa straordinaria esperienza facendo visita all'atelier in cui sin dagli anni '50 lavora alle sue opere


L'anno scorso in giugno la classe 2^M dell'IIS di Asiago si era resa protagonista di una straordinaria iniziativa ovvero quella di riportare alla luce un'opera, trovata per sbaglio in un armadio di una sala del Lobbia, del noto artista di Nove Giuseppe Lucietti. Si tratta di un dipinto del 1963 oggetto del lavoro di valorizzazione realizzato nel corso dell’anno scolastico dalla classe 2M  all’interno di un’Unità di Apprendimento interdisciplinare ideata e condotta a termine dalla Prof.ssa Silvia Borgo (questo il link all'articolo dell'inaugurazione: Un tesoro nascosto al Lobbia: un’opera di Lucietti impreziosisce l’Aula delle Idee). Qualche mese dopo una piccola delegazione della nostra scuola si è recata in visita a Giuseppe Lucietti, l’artista ultraottantenne la cui firma campeggia alla base del dipinto datato 1963 che impreziosisce la nostra bellissima Aula delle Idee. Di seguito il resoconto della visita redatto, con maestria da autentica scrittrice, dalla nostra Silvia Borgo.  


 

Latrice di alcune fotografie a documentazione dell’evento, la rappresentanza dell’Istituto è stata accolta dal poliedrico artista originario di Nove, la cui opera si affastella in un piccolo atelier gremito, in cui porcellane e dipinti scandiscono le tappe di una creatività inesausta che Lucietti mette a disposizione del visitatore. Si rimane presto catturati dal dispiegarsi delle forme che dagli anni Cinquanta a oggi hanno dato corpo al vibrare della luce, al fruscio dell’aria e alla mutevolezza dell’acqua attraverso il mezzo prediletto della porcellana, praticata con perizia da antico Maestro, superando le sfide dettate dall’imprevedibilità del fuoco, dalla temperatura e dalla misura dei forni, alla ricerca di cromatismi e movenze dall’inconfondibile cifra stilistica. La stessa che si offre a chi, con occhi curiosi, in occasione di una passeggiata per il centro e le vie di Nove, ne cercasse le opere di grandi dimensioni che fregiano edifici storici del paese (a partire dall’edera in ceramica che si arrampica sulla facciata del Caffè Roma). Quasi con grato pudore l’artista si racconta, dai precoci riconoscimenti ricevuti quand’era ancora studente alle esposizioni al Metropolitan Museum o alla Guggenheim di New York (a fianco di nomi come Jeff Koons), dalla Biennale di Venezia al prestigioso Premio Faenza. Solo per citare i momenti più salienti di una produzione artistica che attraversa la seconda metà del Novecento e valica con una sgambata vigorosa il Ventunesimo, tanto che già negli anni Ottanta alcune sue sperimentazioni in porcellana ricevevano l’appellativo di “fossili del Duemila”.


 

Ma quando si lascia la frescura dell’atelier seminterrato e, fatti pochi passi in un giardino dove i fiori ondeggiano con grazia giapponese, si sale nella casa in cui l’artista vive con la moglie Margherita, l’emozione tocca il suo apice. L’appartamento è infatti abitato dall’arte del Maestro, che trascorre giornate di felicità creativa al tavolo da lavoro, intento a disegnare con freschezza sorprendente ricordi vividi e scene di un presente che continua a interpretare come fonte inesauribile di ispirazione: tratteggiati su carta povera, iris, bucce d’arance e pagnotte esalano la loro fragranza dalle pareti in cui aprono squarci di meraviglia, riecheggiando il tocco di Margherita, i cui fiori di campo disposti con arte tutta zen fanno capolino tra vasi, piatti e sculture in porcellana made in Lucietti, a testimoniare che la quotidianità è convivenza con la bellezza. Un fanciullo col retino a caccia di farfalle, fra i girotondi e le cuccagne vocianti che l’artista illustra da par suo: questa l’immagine che ti resta al congedo, quando ormai scende la sera. Un sorriso impresso nell’anima.